Al giorno d’oggi, è sempre più comune usare come metodo di autenticazione alcune tecnologie biometriche per accedere alla propria identità online, a dati o servizi .
Gli smartphone e i pc di fascia medio-alta, da un paio di anni, integrano tra i vari sensori quelli dell’impronta digitale, di riconoscimento dell’iride e facciale.
Questi non sono utilizzati solamente per proteggere da mani e occhi altrui il nostro smartphone o computer personale, bensì, sono molto utilizzati anche in ambito bancario (per autenticazione dei pagamenti), nel settore automotive( le auto che si aprono o si avviano senza bisogno di chiavi, ma grazie all’impronta del conducente non sono una novità), in ambito domestico e molti altri.
L’industria è in ricerca costante di nuove tecnologie biometriche che garantiscano unicità e sicurezza.
Per ora, una delle tecnologie più sicure, comode e veloci da usare resta quella del riconoscimento dell’impronta digitale che sfrutta l’alternanza di solchi e creste sui nostri polpastrelli.
Quest’ultima, assieme al riconoscimento tramite iride, restano metodi comodi da usare quotidianamente ma anche, purtroppo, poco sicuri (ingannarli è davvero troppo facile!).
“How to fake a fingerprint and break into a phone” – fonte YouTube
Diventa, così, obbligatoria la ricerca costante di nuove tecnologie biometriche per l’autenticazione univoca (come quella data dalle nostre impronte che sono uniche al mondo) ma più sicura e difficile da contraffare o “hackerare”.
Una delle più affascinanti e interessanti è la proposta dell’università di buffalo che vuole sfruttare la “geometria” del nostro cuore per creare un metodo di autenticazione, sicurissimo ed univoco (non sono mai state trovate persone con cuori identici).
La proposta è quella di una scansione continua, tramite un radar doppler a basso livello, di parametri come la dimensione, la forma ed il modo in cui il cuore si muove (ricordando che tutti questi nel tempo non cambiano).
Il sistema per effettuare la sua prima scansione dovrebbe impiegare circa 7/8 secondi per continuare, poi, nel tempo, con una scansione continua, che permetterebbe di autenticarsi in modo automatico a molti sistemi di accesso a servizi e dati.
“We would like to use it for every computer because everyone needs privacy.”
Wenyao Xu, PhD, autore principale dello studio e professore
fonte: http://www.buffalo.edu/news/releases/2017/09/034.html
Nei prossimi anni vedremo se questa tecnologia verrà realmente realizzata e sarà così performante come annunciato o sarà solamente un’altra ricerca interessante ma mai sfruttata.